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BIMESTRALI
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Anni 2008 - 2017
(Estratti)
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Indice completo "Leonessa e il
suo Santo":
ARCHIVIO
NOTIZIE E APPUNTAMENTI
Il convento dei Cappuccini a Leonessa
di
Luigi Nicoli
La costruzione del nucleo originale del Convento dovette avvenire tra il 1535 e il
1539 (appena dieci anni dopo la costituzione
della nuova famiglia francescana), se nel
1534 gli eredi di Cristoforo Gizzi, che nel 1520
aveva fatto erigere su un suo terreno ? a circa 1
km di distanza da Leonessa - una cappella votiva
dedicata Santa Maria di Loreto, donarono la
chiesa e il terreno ai Cappuccini, a condizione
che vi risiedessero almeno due frati: "1534 Die
8°, Martii indicit. 7° tempore Clementis, Carolo
Romanorum imperatore Ioannes Franciscus,
Ioannes Angelus, et Ioanne Antonius Bapistae
Giptii de Connessa et erdes Cristophoris Giptii
dictam Ecclesiam S. Maria de Loreto, cum
hoc quod ad minus duo frates de Missa et duo
servientes residere debeaunt diu et nocteque,et
divina officia celebrare et pro ipsorum anima
exorare, dictam Ecclesiam, et bona mantenere,
gubernare et meliorare etc, et de hoc rog. Extitit
N. Nicolaus Falconius".
A risiedervi fu il Cappuccino-medico leonessano
Matteo Silvestri, che iniziò insieme a due
confratelli la costruzione del convento a ridosso
della chiesa: "Dopo essere divenuto membro
della provincia di Roma e aver contribuito alla
costruzione di un convento di Cappuccini della
12 - Leonessa e il suo Santo 1 - 2009
Chiesa e convento dei Cappuccini di Leonessa, anni ?40
sua cittadina, si dedicò all'espansione del nuovo
movimento in altre località, iniziando dalla
città dell'Aquila, nel 1540".
Nel 1549 Matteo Silvestri ottenne ufficialmente
dal Capitolo Generale di Napoli "di pigliare
il luogo a Leonessa".
Nel 1571 la presenza dei Cappuccini a Leonessa
divenne definitiva, come testimonia anche
la data dell'ampliamento della chiesa, dedicata
alla Madonna di Loreto, scolpita sull'architrave
del portale, e il convento fu ampliato. Nella
costruzione del complesso furono applicate le
direttive delle prime "Costituzioni" del 1536 che
prescrivevano le misure delle cellette secondo
le quali, queste, non potevano superare i nove
palmi in lunghezza e larghezza, i dieci in altezza;
le porte dovevano essere alte sette palmi e
larghe due e mezzo; la larghezza delle finestre
doveva essere di un palmo e mezzo, alte due
palmi e mezzo. E così le altre officine (ambienti)
siano piccole, povere, abiette, e basse acciò
che ogni cosa predichi umiltà, povertà e disprezzo
del mondo".
Molto probabilmente a questi lavori dovette
in qualche modo assistere anche il quindicenne
Eufranio Desideri, che proprio in quel periodo
prese il saio assumendo il nome di frà Giuseppe
da Leonessa e che spesso in seguito soggiornò
nel convento.
Sempre nel 1571 il convento fu ufficialmente
annesso alla Provincia Umbra. Una delle prime
nove dell'Ordine ad essere costituita, insieme a
quelle di Calabria, Milano, Napoli, Roma, Sicilia,
Toscana e Venezia, nel 1525, quattro anni
dopo l'approvazione della "Riforma Cappuccina"
da parte di Clemente VII con la Bolla "Religionis
Zelus".
Nel corso degli anni seguenti il convento fu ulteriormente
ampliato e i lavori si protrassero fino
al 1615.
Qualche anno prima, precisamente il primo
marzo del 1612, nel convento furono traslate le
reliquie del Cuore, del sangue ed altre, di San
Giuseppe da Leonessa. L'operazione fu decisa
dal cugino del Santo, Padre Francesco Chiodoli,
il quale l'8 febbraio del 1612, quattro giorni
dopo la morte di San Giuseppe, aveva inviato
una missiva a Padre Filippo Alessi, guardiano
del convento dei Cappuccini di Leonessa, invitandolo
a recarsi ad Amatrice per prelevare le
preziose reliquie.
L'Alessi raccolse l'invito e, accompagnato
da Gio Alessandro Boccanera, da Lelio parente
del Santo e da P. Francesco Chiodoli, cugino di
San Giuseppe, partirono per Amatrice e procedettero
alla traslazione delle reliquie. La piccola
comitiva, giunta a Leonessa con i preziosi cimeli,
si recò in gran segreto nel monastero di
San Giovanni per consentire a Suor Cecilia Desideri,
nipote carnale del Santo, e ad altre monache,
di rendere omaggio alle reliquie. Queste
furono poi portate nel convento dei Cappuccini
e chiuse in un armadio della sagrestia della
chiesa, come risulta dall'elenco delle reliquie
stilato nel 1629 dai giudici del Processo Apostolico.
Di tanto in tanto i Cappuccini facevano
adorare le reliquie agli ammalati, e non pochi
furono i miracoli ad esse attribuiti (vedi "Orante
d'Agostino, Vita di San Giuseppe da Leonessa,
p 87-103).
Nel 1646 il Cardinale Francesco Maria Farnese
donò ai Cappuccini un ostensorio-reliquirario
d'argento per conservarvi la reliquia del
cuore. Il prezioso oggetto arrivò a Leonessa nel
1651, allorché il duca di Modena, esecutore testamentario
del Cardinal Farnese morto nel
1647, ve lo fece trasportare da due Cappuccini
della Provincia di Bologna.
Il Cuore fu posto nel prezioso reliquiario solo
il 6 ottobre del 1737 - quattro mesi dopo la
beatificazione di San Giuseppe - dal vicario generale
di Spoleto Giacomo Filippo Consoli, e
continuò ad essere custodito dai Cappuccini.
Grande impulso ricevette la vita del Convento,
prima con la beatificazione (1737) e poi con
la Canonizzazione di San Giuseppe da Leonessa,
avvenuta il 29 giugno del 1746 nella basilica
di San Pietro a Roma.
Nel 1769 Ferdinando IV, che non gradiva nel
suo Regno la presenza del clero dello Stato Pontificio,
emanò un decreto con il quale aggregò i
conventi di Leonessa, Montereale e Amatrice ?
tutti ubicati nel Regno di Napoli ma posti sotto
la Provincia Umbra ? alla Provincia Cappuccina
d'Abruzzo, sotto la quale ancora si trova il
convento di Leonessa.
Il numero dei frati rimase sempre stabile nel
periodo 1571-1769 (14-16), denotando una rilevante
importanza del convento leonessano in
ambito regionale, comprovata anche dall'arricchirsi
degli studi e di opere (tele a sfondo agiografico
dipinte in massima parte da Cappuccini),
e di una fornitissima biblioteca, ancora esistente.
Tra i vari importanti volumi sono da segnalare
quelle del nobile leonessano Antonio
Popolini (1583), donate al convento verso la fine
del XVI secolo, come testimonia un'annotazione
apposta sul frontespizio di opere di Sant'Agostino.
Principale mezzo di sussistenza del convento
fu sempre la questua, in osservanza alle
esplicite disposizioni delle Costituzioni
Cappuccine: "Bussar di porta in porta e
scontare i peccati del popolo".
Durante la soppressione napoleonica, per
una disposizione ministeriale il convento, insieme
ad altri sedici della Provincia degli Abruzzi,
non fu chiuso; rimase abitato da 16 frati e non
subì alcun danno. Totalmente diversi furono gli
esiti della soppressione piemontese del 1866: la
chiesa fu chiusa, i frati furono costretti ad abbandonare
il convento, che passò al Comune; le
reliquie del Santo, tra cui il Cuore, custodito nel
prezioso reliquiario, furono trasferite al Santuario,
i libri della biblioteca, tra cui le preziose
cinquecentine dei classici di Aldo Manuzio, furono
ammucchiati nei magazzini del Comune, o
venduti ai pizzicagnoli per incartare le loro
merci.
Nel 1882 l'orto fu trasformato in cimitero,
di cui la chiesa divenne la cappella mortuaria;
per lo scopo l'apparato ligneo dell'altare fu
manomesso, e il portichetto antistante demolito
(sarà poi ricostruito nel 1989).
I frati, anche se di fatto non avevano mai
lasciato il servizio della loro chiesa, ritornarono
ad abitare il convento nel 1894, dopo aver
riacquistato l'immobile dal Comune, tramite
terze persone, grazie all'intercessione di Padre
Mauro Nardi e di Padre Gianfrancesco da Pratola,
con il fattivo appoggio di Don Roberto
Pietrostefani.
Verso la fine degli anni '60 del XX secolo furono
rinnovati i tetti e bonificate le cantine con
la realizzazione di un ampio salone polivalente.
Nel 1975 fu ristrutturato il piano superiore con
la realizzazione di un piccolo reparto per i frati
ed un altro, con camerette, dormitorio e servizi
igienici, per gruppi.
Tra il 1985 e il 1986 furono eseguiti altri lavori
di restauro e consolidamento, anche per riparare
i danni del terremoto del 1979, che riguardarono
il refettorio, il chiostro e la risistemazione
del giardino interno. Nel 1995 altri lavori
di restauro e consolidamento riguardarono
il chiostro.
Tutti questi interventi non hanno compromesso
l'impianto generale originale della struttura,
che è ancora quello tipico ispirato all'essenzialità
dell'architettura francescana. A questi
dettami risponde il suggestivo, quanto semplice,
chiostro interno a pianta quadrata, con
l'originale pavimentazione in pietra locale e
mattoni, e l'antica copertura in travi di legno e
mattoni. Al centro è collocato il pozzo ancora
funzionante, con un essenziale lastricato in pietra
locale, che raccoglie l'acqua piovana delle
gronde. Sul chiostro si affacciano le piccole finestre
delle cellette, e delle porte che introducono
negli ambienti al pianterreno fra cui, all'interno,
il refettorio nella cui parete di fondo
si può ammirare un affresco del XVIII secolo
raffigurante la Vergine Immacolata con San
Francesco e San Felice da Cantalice, attribuibile
ad un pittore Cappuccino. Maria è raffigurata
nell'atto di schiacciare il serpente (il Male),
con il diadema delle 12 stelle, ed è attorniata
dagli angeli; il suo manto è azzurro, simbolo di
divinità e di spiritualità, mentre il suo abito è
rosso, simbolo dell'umanità della Vergine, ma
anche dell'imminente incarnazione in Lei di
Cristo.
Sul lato destro dell'affresco si apre la piccola
porta che introduce alla canova, mentre sul sinistro
è affrescata una porta dalle medesime
fattezze. Al di sopra di quest'ultima è raffigurata
un'oca con un sassolino nel becco e con la
zampa posata su di un cartiglio recante la
scritta SILENTIUM. Al di sopra della porta
vera del lato di destra è rappresentato un pellicano
con la scritta CARITAS. Questo uccello
sin dai primi secoli del cristianesimo simboleggiò
il sacrificio di Cristo, e l'altruismo, per
il fatto che secondo un'antica tradizione
quando non ha di che nutrire i suoi piccoli, si
strappa le carni dal petto. Nel refettorio sono
conservati anche dei tavoli del XVI secolo, tra
cui quello dove mangiava San Giuseppe, l'ultimo
sulla sinistra. Sul posto occupato dal
Santo i Cappuccini non fanno mancare mai
un vaso di fiori. Al primo piano sono ubicate
le cellette dei frati tra cui quella dove dimorava
San Giuseppe; la parete frontale dello
spartano giaciglio è affrescata con un'effigie
del Santo nell'atto di riposare.
Nel lato opposto è situata la biblioteca
che racchiude diversi volumi moderni soprattutto
di carattere teologico. I numerosi
volumi antichi, comprese le pregevoli cinquecentine,
proprietà del Comune, ma tutti
già appartenuti ai Cappuccini, nel maggio
del 2008 sono stati
trasferiti nella Biblioteca
Comunale.
Dal 1964 nel convento
ha sede la redazione
rivista Leonessa
e il suo Santo,
ancora oggi una delle
poche voci della cultura,
della storia,
della religione, del
costume e delle tradizioni
di Leonessa.
Dal 1989 i Cappuccini
hanno in affidamento
anche la
Parrocchia di Leonessa,
che si affianca
così a quella di San
Massimo in Ville del
Piano.
Il convento di Leonessa Casa di Formazione per i Postulanti del centro Italia
Dal 15 ottobre 2009 il nostro convento di Leonessa
si è trasformato in luogo di formazione per i giovani
che desiderano abbracciare la vita religiosa.
In questa comunità il Postulante
può approfondire la sua comprensione della vocazione cappuccina francescana. (vai alla sezione Casa di Formazione...)
Sito ufficiale della rivista Leonessa e il suo Santo, Edizioni Leonessa e il Suo Santo - Leonessa (Rieti)
Padri Cappuccini Leonessa - Viale F.Crispi, 31 - 02016 Leonessa (Rieti) - e-mail: suosanto@libero.it
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